Perdunà – Perdonare in dialetto bergamasco
Nell’ambito della riscoperta degli antichi detti dialettali, ci occuperemo di ciò che riguarda la benignità e il perdono.
“As’ pöl perdunà, ma mia desmentegà” (si può perdonare, ma non dimenticare).
E’ questo, a mio modesto modo di vedere, un perdono a metà, che spesso alimentava rancori fra persone di una famiglia che aveva subìto un torto e che, nonostante l’apparente perdono, serbava rancore che si tramandava da una generazione all’altra.
Per fortuna la saggezza popolare in altre locuzioni è più bonaria:
“Di olte l’è mèi serà zo un öc, o daga del passa là”
(qualche volta è meglio chiudere un occhio e far finta di niente)
ma anche nella bonarietà si esigeva misura, quindi
“La prima s’ la perduna, la segonda s’ la bastuna”
(la prima si perdona, la seconda si bastona)
Anche perché
“Tròp bù ‘l vòl di asnù”
(troppo buono, vuol dire somaro, cioè poco intelligente..)
Le buone maniere per ottenere quel che si vuole sono condensate in questi detti:
“Coi bune a s’ votégn töt” (con le buone si ottiene tutto)
e
“Quèl che no s’ fa coi bune, no se ‘l fa gna coi catìe”
(quello che non si fa con le buone, non si fa nemmeno con le cattive).
Si potrebbe anche dire che dove non valgono le carezze, le bastonate non giovano.
“As’ ciapa piö tance mosche con d’ü cügià de mél che con d’ü barìl d’asìt”
(si prendono più mosche con un cucchiaio di miele che con un barile d’aceto)
A voi l’ardua scelta su come procedere nelle varie situazioni che la vita ci pone davanti.
Giulià Todeschì
E TU COME SEI?
A – “Tròp bù ‘l vòl di asnù”
B – “As’ pöl perdunà, ma mia desmentegà”
C – “La prima s’ la perduna, la segonda s’ la bastuna”