Oggi proviamo a curiosare nei detti dialettali bergamaschi inerenti il parlare o il tacere.
“A parlà s’intènd e a mangià s’ispènd” (a parlare s’intende, a magiare si spende).
Chi non si spiega, non ha quel che vuole, sulla stessa linea i Toscani dicono “Chi non parla, Dio non l’ode”.
“Co’ la lèngua in boca a s’ va fina a Roma” (con la lingua in bocca si va fino a Roma) cioè domandando si va dappertutto.
Certo è che, come abbiamo più volte constatato ogni proverbio ha il suo contrario; infatti a proposito della parsimonia nel parlare si dice: “bisogna ardà cosa s’dis” (bisogna badare a quel che si dice) e ancora “parla póc e parla bè” (parla poco e parla bene).
“Di ólte al val piö la làpa che la crapa” ( a volte vale più la lingua, cioè la loquacità, che il senno), come non constatare la veridicità di questo detto anche ai nostri temp“Töc i cà i mena la cua, töc i cojò i völ dì la sua” (tutti i cani menano la coda, tutti gli stupidi vogliono dire la loro).
“I parole nó i paga mia i tasse” (le parole non pagano le tasse) mi pare emblematico a tal proposito affermare che si pagassero le tasse sulle parole, di certo non avremmo alcun governo indebitato!
Per concludere una saggia riflessione sul valore della parola:
“parola dàcia e sassada tràcia nó la turna piö ‘ndrè” (parola data e sasso tirato non tornano più indietro). Non ho più parole!!!
Giuliano Todeschini