La Mà – Mano in dialetto Bergamasco “TE FÀLA MAL AMÒ LA MÀ?”
La mano, generalmente in dialetto viene detta “mà”, però, a secondo delle funzioni che svolge in determinati contesti o situazioni, può essere definita “sgrafa”, mano svelta piuttosto rapace, oppure, se le mani hanno dimensioni enormi, si definiscono: “fratasse” o “manasse”. Di mani, per fortuna , ne abbiamo due: quella destra, detta “la mà ‘ndrecia”, e quella sinistra detta “la mà mansina”.
Tra le numerosissime locuzioni che contengono “la mà”, troviamo quel saggio proverbio secondo il quale bisogna aiutarsi a vicenda: “öna mà la làa l’otra, e töte dù ‘l mostàss” (una mano lava l’altra e entrambe il viso), dello stesso tono anche quello che dice: “dàga üna mà” (dare una mano) , cioè aiutare qualcuno. “Iga i mà büse” (avere le mani bucate) è, invece una sventura, soprattutto in momenti di crisi…, mentre “metìs i mà ‘n di caèi” (mettersi le mani nei capelli) indica disperarsi di fronte ad una difficile situazione.
Se “te mé fàcc gnì a spür i mà” (mi ha fatto venire a prudere le mani), vuol dire che sono al limite dell’arrabbiatura, ma è auspicabile che, con il dovuto autocontrollo, non ti metta le mani addosso perché: “se ta mete i mà adòss, ta sboge!” (se ti metto le mani addosso, ti rompo!), meglio senz’altro, “tegnì a pòst i mà” (tenere le mani apposto). Nel corso del lavoro può accadere di lasciarsi sfuggire qualcosa di mano, allora si dice “borlà fò di mà”, mentre se uno non ha proprio voglia di fare, si tiene “i mà in tasca, in scarsèla o in gaiòfa” o “ i mà in dì mà” (le mani in tasca o le mani in mano).
Chi invece è pratico nel proprio lavoro e sa usare bene le attrezzature si dice che “’l gà sö la mà”. “Ciapà ‘n di mà” significa semplicemente prendere in mano qualcosa, ma, nello stesso tempo, si indica anche, il prendere in mano la situazione, darsi da fare. “Dàga öna mà dé bianch a ergü” (dare una mano di bianco a qualcuno), significa infliggere all’interlocutore una saporita lezione. Nel gioco delle carte “la mà” indica una fase della partita, tanto che si dice: “’n fài ön’otra mà?”.
Giulià Todeschì
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