Dighèt del bù?
A cura de Giulià Tudeschì
“Arda”, quante volte in una giornata usiamo il verbo guardare. Ma quante sono le accezioni che si riferiscono al guardare: oltre l’atto di rivolgere la vista alla persona o ad un oggetto, c’è il guardare per meraviglia, il guardare per adocchiare, il guardare per desiderare ecc… Spiluccheremo quanto si usino, nel dialetto bergamasco, i modi di dire riferiti al guardare.
“Ardà” è l’infinito del verbo guardare, ma significa anche aver cura, fare il possibile; “arda!” invece significa guarda, ma serve anche per esprimere meraviglia, mentre “arda!”, pronunciato in modo perentorio, serve per minacciare, come dire bada! Attento!
“Ardà có la cùa de l’öcc” (guardare con la coda dell’occhio) è il tipico atteggiarsi dei curiosi che osservano furtivamente, e se non basta “ardà, e po’ turnà a ardà” (guardare e poi tornare a guardare).
Il più minaccioso “ardà con bröta cera, de mal öcc o dé traèrs” significa guardare con brutta cera, con mal occhio o di traverso, quasi a incutere soggezione o paura.
“Ardàga drè ai pöcc pisègn” significa accudire i bambini mentre tutt’altro è il significato di “ardàga dré a la zèt”, cioè sparlare delle persone, tagliare addosso i panni alla gente. “Ardà sùra” è sinonimo di sorvegliare o osservare qualche d’uno che sta facendo qualcosa. “Ardàs o ardàs tìs” significa invece guardarsi, mentre volgere lo sguardo altrove si dice “ardà vià”.
Se uno non ha proprio niente da fare “lì stà lé a ardà ‘n sö” (sta lì a guardare per aria) intanto il tempo passa…, mentre colui che “no ‘l varda ‘n facia o ‘n cera a negù” (non guarda in faccia o in cera a nessuno) è un soggetto senza rispetto o riguardo per nessuno, ma a volte indica anche un soggetto che non ha paura di affrontare spavaldamente qualsiasi persona o situazione.
Per concludere, non si dimentichi mai il saggio detto che sentenzia: “prìma dé ardàga ai otèr, bisogna ardàs zó denàcc a lùr” (prima di guardare agli altri, bisogna guardare a se stessi).