Saggezza popolare – il Dialetto Bergamasco
Spilucchiamo ancora una volta nel grande contenitore di proverbi, motti e modi di dire del nostro dialetto bergamasco.
“Iga sö öna bröta ghègna” (avere una faccia poco affidabile)
era un modo di identificare, già nell’aspetto una persona poco di buono, ma, nello stesso tempo questa locuzione veniva usata anche per definire la cera poco bella di un ammalato.
Per un poco di buono che venisse colto in flagrante si diceva:
“fà marù”, cioè essere scoperti.
Anche in questo caso l’affermazione aveva diversi usi, per esempio veniva usata anche quando frequentemente i bambini raccontavano un bugia e venivano scoperti, allora “ol fa marù” era accompagnato da “dientà ross foghènt” (arrossire).
Passando a considerazioni più adulte mi viene in mente un’affermazione consolatoria che si diceva di fronte ad una spesa improrogabile:
“i solcc i và e i vè” (i soldi vanno e vengono).
Nei casi di necessità:
“i amìs s’i conòss in del bisògn” (gli amici si conoscono nel bisogno) e se capitava qualcosa fra capo e collo, si diceva:
“ciapàla e portàla a cà” (prenderla e portarsela a casa).
Sana rassegnazione. Come quella che dice: “troàs tra gnàch e petàch” cioè trovarsi tra l’incudine ed il martello, in una difficile situazione senza via d’uscita.
Sorriderete ora leggendo questa lapidaria e saggia affermazione che dice:
“trì laùr s’ pöl mia fa: fa cor i ècc, fa stà quiècc i s-cècc e fàga fa sito ai fomne” (tre cose non si possono fare: far correre i vecchi, fare star tranquilli i bambini e far tacere le donne).
Sarà vero?
Giuliano Todeschini